“Vedo la tendenza di chi scrive per lavoro a fidarsi troppo delle AI oppure a rifiutarne il supporto. Invece abbiamo bisogno di un approccio filologico.”
Giovanni Acerboni, lei, oltre che essere docente universitario, consulente e formatore di scrittura dal 2002 e sperimentatore delle AI del linguaggio dal 2015 ora vuole essere il filologo dell’intelligenza artificiale generativa?
“Caro Palmieri, mi pare necessario. Le GenAI forniscono testi e l’analisi del testo ha sue regole che ormai tutti devono conoscere, almeno al livello utile per il loro lavoro. L’approccio filologico vuol dire analisi delle fonti, confronto tra le fonti e il testo prodotto, validazione delle informazioni corrette ed esclusione di quelle scorrette.”
Applicato alla scrittura con l’intelligenza artificiale generativa questo cosa comporta?
“Le GenAI sono addestrate con testi tratti dal web ad accesso libero. Il che significa che le fonti primarie (origine della conoscenza) e secondarie, che in se stesse sono numericamente poche. Le fonti terziarie e di rango ancora inferiore sono la stragrande maggioranza e di conseguenza sono le fonti statisticamente più rilevanti.”
Vediamo se ho capito: la Divina Commeda è una sola (fonte primaria); i libri di commento a essa sono un po’ di più (fonte secondaria); voci di enciclopedia, manuali ecc. sono fonti terziarie e ben più numerose; ma citazioni sparse, più o meno corrette e commenti vari, non sempre pertinenti sono molti di più, la stragrande maggioranza (fonti di rango inferiore al terzo)…
“Esatto! Per quanto i parametri statistici accorcino la distanza tra la rara informazione originale e le abbondanti informazioni di seconda, terza o quarta mano, sta proprio qui la ragione della semplificazione scorretta che le GenAI tendenzialmente fanno. Il mio libro “PAROLA MIA. Manuale di scrittura professionale con il supporto delle intelligenze artificiali” è un antidoto alle semplificazioni pericolose, alla accettazione acritica dei risultati che ci propone l’intelligenza artificiale.Ho scritto questo libro di getto, tra aprile e giugno, perché mancava per quel che ne so un manuale di scrittura professionale aggiornato.”
Tema rilevante…
“Il supporto delle AI è utilissimo, ma bisogna sapere preliminarmente come e perché scrivono e commettono errori. Come dice la legge di Zipf…”
La Legge di Zipf?
“La legge di Zipf è un principio statistico della linguistica computazionale. Dice che in un set di dati la frequenza di una parola è inversamente proporzionale al suo rango. Il risaputo è statisticamente troppo rilevante rispetto al raro, il che rende le GenAI poco affidabili quando si conduce un discorso specialistico, massimamente quando riguarda la giustizia, la salute e la sicurezza”.
Quindi possiamo dire che il tema è che l’intelligenza artificiale generativa guarda al passato e per giunta al passato recente. Non ha profondità storica e non può dire niente sul presente e sul futuro se non assomiglia al passato, cioè che non è presente nelle sue fonti…
“Sì, guarda al troppo e al passato. Quanto al passato, c’è un’altra cosa da dire. Le GenAI sono come gli amanuensi: trasmettono informazioni date e spesso commettono errori, gli stessi che commettevano anche gli amanuensi. Questo ce lo insegna il Metodo degli errori sviluppato dall’ecdotica, la branca della filologia che si occupa di ricostruire il testo voluto dall’autore in mancanza dell’autografo e in presenza delle sole copie manoscritte.”
Quali sono gli errori principali?
“Sono quattro e li facevano già gli amanuensi: 1. semplificazione scorretta di un termine raro; 2. elaborazione di una informazione scorretta presente nelle fonti; 3. elaborazione di una informazione scorretta dovuta a informazioni tratte senza criterio da fonti diverse; 4. omissione di una informazione corretta.”
In sostanza, Lei mi sta dicendo che tutto è già accaduto nella storia della scrittura. Cambia solo la tecnologia…
“Esattissimo. Siamo solo passati dalla penna d’oca all’oca con la penna.”
Questa non è male…
“La straordinaria ma anche l’unica novità delle GenAI è appunto la tecnologia della parola, frutto di uno straordinario sviluppo della matematica che è riuscita a trasformare le nostre parole in numeri e i suoi numeri in parole per noi. A chi volesse approfondire, suggerisco il bellissimo, chiaro, preciso e sofisticato libro di Alfio Ferrara, Le macchine del linguaggio (Einaudi), purtroppo uscito dopo il mio, altrimenti l’avrei citato e utilizzato.”
Citazione generosa. Tornando al tema, nei miei incontri pubblici dico sempre che l’intelligenza artificiale generativa è la prima tecnologia che ci toglie l’esclusiva della scrittura…
“Una novità epocale, con opportunità e rischi. Nel mio libro mi occupo di come servirsi delle GenAI e di come controllarne la risposta per scrivere testi professionali chiari, persuasivi, sintetici, per produrre testi accessibili e in un linguaggio inclusivo che non violenta la lingua (spoiler: è possibile violentarla, ma inutile, come ci insegnano la grammatica storica, che studia la derivazione dell’italiano dal latino volgare e la successiva storia della nostra lingua).”
Quali sono i vantaggi che lei prospetta?
“L’opportunità è risparmiare tempo, per esempio nella sintesi di più documenti; o vedere le cose, come il proprio stile, da un altro punto di vista; o farsi dare un feedback, soluzioni alternative, ecc.. Insomma, ci si può far stimolare in vario modo. Stimolare è la parola chiave, che dice che cosa vuol dire lavorare con il supporto delle AI. Tutto ciò che va oltre la stimolazione fa parte dei rischi.”
Mi faccia capire meglio…
“Le GenAI ci sfidano ad alzare il livello delle nostre conoscenze e delle nostre competenze. Dobbiamo sempre saperne più di loro per poter considerare lo stimolo uno stimolo e non un’idea geniale o anche solo un’informazione nuova che non conoscevamo. Quando attribuiamo alle GenAI un’idea geniale o ammettiamo che ci ha dato un’informazione nuova siamo arrivati al limite della nostra conoscenza. Se ci fermiamo, approfondiamo, consultiamo fonti affidabili (le biblioteche ne sono piene), massimizzeremo il valore dello stimolo, lo trasformeremo in conoscenza.”
Se invece ci affidiamo con cieca fiducia…
“Se invece ci fidiamo ciecamente, stiamo implicitamente ammettendo almeno una delle seguenti ipotesi: siamo rassegnati alla nostra ignoranza; non ci preoccupa il rischio che qualcuno se ne accorga; disprezziamo i nostri destinatari, che non meritano informazioni verificate o che non sanno verificarle…”
Insomma, in pratica diciamo che il nostro lavoro è privo di un valore che solo noi possiamo dare e che la nostra competenza può essere sostituita da una macchina.
“Walter Quattrociocchi ha chiamato “epistemia” questo pericolo: la scrittura corretta e suasiva delle GenAI ci induce a considerare accettabile il contenuto della risposta, che ha solo l’apparenza della plausibilità, non la sostanza della conoscenza. Temo di non sbagliare se dico che gli studenti delle scuole e delle università (in particolare di quelle umanistiche) corrono particolarmente il rischio.”
Immagino di sapere il perché: a quell’età…
“…non sono ancora abbastanza competenti su niente. Se difettano anche di senso critico e di senso del pericolo, si riempiranno la testa di una montagna di informazioni di seconda mano che, anche se corrette, non diventeranno di loro proprietà, non si trasformeranno in conoscenza. Potranno ripeterle pappagallescamente, ma non sostenerle, non motivarle, non metterle in discussione, non cercarne altre.”
Stando così le cose, la responsabilità degli insegnanti è immensa.
“Alcuni si sono preparati, altri non ne hanno avuto ancora il tempo. Io penso che usando le GenAI i ragazzi debbano imparare qualcos’altro.”
Nel libro offre qualche suggerimento?
“Suggerisco di riflettere sulla conversazione faccia a faccia per imparare a scrivere prompt adeguati alla conversazione scritta; analizzare le fonti con metodo filologico e non con il solo obiettivo di difendersi dalle fake news o dalla manipolazione pubblicitaria o politica o del tiktoker preferito; autocorreggere la scorrettezza grammaticale.”
Però le GenAI sono programmate per assecondarci, per darci ragione quindi consolidano i nostri errori e non ci correggono, anzi ci confermano che le cose stanno proprio così come le vediamo e le formuliamo…
“Per evitare questo, una buona strategia è utilizzare le GenAI NON come alleate, ma come avversarie. Per esempio, uno studente non dovrebbe farsi aiutare a comporre un tema, ma fingersi il docente, dire che il suo studente peggiore, un vero cretino, gli ha consegnato il tema peggio fatto dai tempi di Maria Montessori. Il finto docente chiede aiuto alla GenAI per farsi correggere tutti gli errori, che non ne ha il tempo, e anche per farsi dire come spiegare allo studente i suoi errori, con quali parole, che devono essere semplici e chiare, perché quel cretino altrimenti non le capirebbe.”
Acerboni, lei sovrasta la mia capacità di ironia e di autoironia…
“Siamo nell’era dello specchio delle mie scemate.”
In conclusione, non ho capito se lei è tra coloro che temono l’intelligenza artificiale generativa e relazionale…
“Io sono un apostolo delle AI del linguaggio, le uso e le addestro da dieci anni, ho speso “i migliori anni della nostra vita” a cercare di far capire ai miei clienti quali vantaggi possono trarne e quali i rischi da evitare. Una volta si diceva: se lo conosci, lo eviti. Va rovesciato: evitalo, se non lo conosci. Ho voluto scrivere un libro pratico senza rinunciare agli approfondimenti che credo siano necessari per affrontare lo stato delle cose e i dibattiti.”
La chiave è sempre l’educazione alla consapevolezza…
“Sì. Per questo ho cercato uno stile conversativo e un ritmo adeguato a chi ha poco tempo da perdere e punta a un risultato formativo concreto e applicabile subito. Diverse parti del libro possono essere utili anche a chi non scrive per lavoro, ma in ogni caso scrive o elabora contenuti o cerca informazioni o usa le GenAI come brainstorming partner, come gli insegnanti. A loro suggerisco anche di interrogare a voce gli studenti sul testo composto con l’intelligenza artificiale, per vedere se sanno quello che hanno scritto!”
di Antonio Palmieri


